giovedì, settembre 25, 2008

Il porno viral di Diesel :-)

Un diabolico telemarketing

Bastardo, però intelligente.

Mi suona il cellulare, non faccio in tempo a rispondere. Vedo il numero, che non conosco. 

Pensando sia una roba di lavoro o una cosa comunque "importante" richiamo il numero per capire chi è.

Mi risponde una calda voce che dice..."Ciao Bel maschione. Come hai fatto a trovarmi..?" 

Butto giù immaginandomi terrificanti costi telefonici (in realtà in numero è uno zero due qualsiasi...).

Poi però mi metto a ridere....
Così Facebook ha cambiato (un po') la mia vita sociale

Perché la gente ha così tanta voglia di svelare come si sente? Che cosa implica il fatto che i social network abbiano superato il porno in termini di traffico? Facebook e simili soddisfano forse un bisogno di rapporti umani che sono sempre più complessi nella ”vita reale”?

La risposta su Apogeo...

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mercoledì, settembre 24, 2008

Tempi duri per Youporn... perche si socializza di più e si porneggia di meno

Toh, guarda.

Vedo adesso i dati di una ricerca fatta da Hitwise che sostiene che in 10 anni si sono dimezzate le ricerche Internet relative al porno, mentre si impennano le ricerche relative ai siti di Social network.

Il calo sarebbe da addebitare ai giovani, che spendendo tanto tempo su YouTube, MySpace e Facebook, non gli resterebbe più tempo per vedersi i pornazzi.

E io che speravo in un motivi sociologico più interessante.

O forse la frequentazione dei siti di SN deriva da un lecito desiderio di sostituire il sesso virtuale con qualcosa di piu' reale? (dubito...)
Internet: Democrazia o Oligopolio? E la qualità dei contenuti?

Se leggiamo una qualsiasi statistica dell’uso della Rete, vediamo che la maggior parte del tempo e dell’attenzione dei navigatori si concentra su pochi grandi siti. Google, Yahoo, MSN, YouTube (probabilmente anche YouPorn), Facebook e così via.

Questo, in termini da economista, si chiama oligopolio.

E’ tramontato il sogno che il web fosse un mezzo di competizione perfetta, dove l'outsider poteva battere, anche con risorse limitate, con i grandi del mondo editoriale. Salvo pochi casi, in realtà il verdetto su cosa sia Internet e su cosa funzioni lo sta emettendo il mercato.

La colpa è dunque del mercato - cioè dei navigatori. Una massa di utenti tuttora in crescita, con una fame di Internet che (a giudicare dall'incremento del tempo speso on line) non si è ancora saziata.

Proprio in conseguenza di questa crescita, aumenta il numero di utenti con esperienza limitata della rete. Esiste (ed è grande) una utenza che esprime un bisogno di concretezza, di risposte ad esigenze pragmatiche di contenuto, di servizio, di entertainment.

Una utenza che non ha probabilmente voglia o interesse ad esplorare ad oltranza la rete.

Di qui il coagularsi di traffico attorno a pochi siti in grado di soddisfare le esigenze (almeno "di base") degli utenti. E, soprattutto, siti dal brand forte, caratterizzato, dalla forte identità e dalla consolidata awareness. Anche in questo caso il brand funziona da punto di riferimento, che orienta le scelte e funziona da faro per guidare il tragitto nel mare magnum di questa rete infinita.

Mentre si è rivelato faticoso ma praticabile sviluppare siti e mettere a disposizione contenuti fruibili a tutti, si è rivelato molto più difficile riuscire a farlo raccogliendo successi eclatanti in termini di audience. Ed il mercato si è progressivamente compattato attorno a pochi grandi nomi.

Un po' come è successo (con tutte le diversità del caso) nel tumultuoso processo di nascita e sviluppo della emittenza commerciale radiotelevisiva.

Questo paragone da’ un certo brivido: dobbiamo temere un processo di "massificazione" della rete tale da portare i livelli qualitativi dei siti verso modelli televisivi che non fanno onore all'intelligenza umana?

Ma tant'è, quanto più la rete evolve da mezzo elitario a mezzo di massa, tanto più deve probabilmente fare i conti con "i gusti del pubblico".

Seguendo modelli di business basati sul traffico, molti siti hanno perseguito politiche di espansione a tutti i costi della quantità di contenuto offerta. Il vuol dire aumentare il numero di pagine del proprio sito, ergo incrementare il numero di impression da vendere, ergo avere un portafoglio più ricco.

Personalmente continuo comunque ad essere convinto che i grandi colossi lasceranno inevitabilmente degli spazi non occupati che potranno essere appannaggio di organismi più snelli, più specializzati ed adatti ad occupare nicchie specifiche - rivelandosi in questi ambiti circoscritti più darwinisticamente funzionali. A condizione di circoscrivere la propria attività in termini quantitativi e di approfondire al massimo i livelli qualitativi. Lavorando su target più piccoli e ben più specifici.

Con una complicazione: pianificare pubblicità su siti di nicchia significa complicare da morire il lavoro dei centri media o simili. E la tentazione susseguente è non lavorare di fino ma inseguire i grandi numeri, con macro pianificazioni sulle macro testate verso macro target poco differenziati…

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venerdì, settembre 19, 2008

Adv classico e Internet: la strana coppia

Mio nonno, che di mestiere faceva il falegname, mi ha insegnato fin dalla più tenera età ad usare per ogni lavoro lo strumento adatto. O meglio, a non usare lo strumento sbagliato.

Ad aprire una latta di vernice usando un paio di forbici anziché un cacciavite, c'è il rischio di farsi esplodere il barattolo in mano. E di farsi dei brutti tagli.

In un qualche modo, questo è lo stesso rischio che si corre a volte usando Internet in maniera non corretta, ignorando cioè quelle che sono le sue reali potenzialità, quello che può fare meglio degli altri media con cui - ormai è realtà provata - è in concorrenza.

Internet è l'unico strumento che può, contemporaneamente, lavorare sulle tre fasi principali della comunicazione: branding, informazione e vendite. Ma non necessariamente, aggiungo io, riesce a dare il massimo in ognuna di queste tre fasi.

Diciamocelo chiaramente: per fare branding la pubblicità tradizionale (e specialmente la TV) resta insuperata. E non è certo un caso che le dot-com siano state tra i principali investitori pubblicitari del famoso, ruggente passato (sì, lo so, facendo un saccco di sbagli strategici - ma questa è un'altra storia).

Ma la stessa pubblicità tradizionale mostra pesantemente i suoi limiti quando si tratta di dare (ad es.) informazioni approfondite sui prodotti.

Un 30" è un 30", più di tanto non ci sta. Una pagina stampa ha una maggiore "ampiezza di banda", nel senso che può far giungere una mole superiore di informazione sui prodotti all'utente. Ma lo fa fuori contesto, spesso nel momento sbagliato o inopportuno, è difficilmente conservabile (ma ancora peggio il banner, almeno per ora...), non permette di approfondire ulteriormente con facilità .

La pubblicità tradizionale, inoltre, non mi permette un link immediato all'acquisto (anzi, spesso si dice che il compito dell'advertising non sarebbe quello di vendere, al limite quello di portar gente in negozio…).

Per bene che vada, abbiamo sempre qualche minuto (o qualche giorno) di decalage tra l'esposizione al messaggio e la prima reale opportunità d'acquisto. Con tutte le conseguenze del caso in termini di raffreddamento del mio prospect.

Internet, invece, se nel branding ha qualche limite (in termini di awareness; in termini di equity credo abbia invece qualche cosa da dire) va fortissimo nel dare all'utente tutte le informazioni che chiede, possibilmente in modo personalizzato. Nessun altro media mi offre le stesse possibilità.

Internet mi offre l'opportunità di trasformare il desiderio, l'impulso, in un atto d'acquisto immediato, con pochi click. E, nel caso di beni digitali (software, musica, libri,…) di ottenere la consegna immediata del prodotto.

Insomma, Internet se la cava piuttosto bene in due aspetti su tre. Che non è una cattiva media.

Ancora per un bel po' possiamo stare certi che Advertising tradizionale e Internet faranno ancora della strada insieme - anche se, lo sappiamo, gli elevati costi dei media e il decrescere dell'efficacia della pubblicità classica sta facendo registrare spostamenti sensibili di budget dall'analogico al digitale.

Ma un rimescolamento di carte e soldi non significa che l'adv possa o debba morire a breve. Anche perchè, ricordiamocelo, la maggior parte degli Italiani (e di tanti altri popoli) ancora non usa la Rete. O la usa solo per l'email...

Di certo la pubblicità classica muore se non fa i conti con come decide la gente l'acquisto di un prodotto, come si informa, come si crea una percezione di marca.

Advertising tradizionale e on line sono (ancora) una coppia spesso inscindibile…a patto di lasciare ad ognuno il compito che meglio sa assolvere e utilizzando l'uno per portare traffico all'altro.

Questo ovviamente richiede che advertising tradizionale e azioni on line siano integrati - ovvero che nelle strategie aziendali sia prevista una sinergia… il che implica che ci debbano essere delle persone, in azienda, in grado di pensare il web e la comunicazione tradizionale come parti di uno stesso processo... e di tutti gli ambiti in cui si parla di "convergenza" questo forse è il più critico e complicato.

mercoledì, settembre 17, 2008

Come è andato l'esperimento di tagliare la pubblicità in TV?

Se vi ricordate, a Maggio avevamo parlato dell' esperimento della catena Americana Fox che intendeva ridurre del 50% il numero di spot inseriti durante serials di spicco come Fringe... con l'obiettivo di vedere cosa succedeva e se la gente avrebbe usato meno il telecomando per zappare via l'advertising.

Ovviamente l'idea è di trovare un modo per far risollevare la pubblicità TV, vendendone anche meno ma facendola pagare di più - cosa che alle aziende puo' stare anche bene, tanto si ragiona in termini di ROI... quindi se spendo il doppio ma mi porti il triplo a me va bene...

E, cosa molto importante, una presenza più rapida e fulminante della pubblicità rende più difficile saltare gli annunci quando si guarda il programma in "time shift" come fanno molti americani (lo si guarda non in diretta ma in registrata sul videoregistratore o TiVo di casa).

In effetti, tempo che il neurone reagisce, inizi a romperti le scatole, inizi a cercare il telecomando... il break è già finito e te lo sei cuccato ;-)

Il progetto, che qualcuno (come Advertising Age) ha battezzato "TV senza telecomando" ha dato i suoi primi risultati.

Ridurre il numero di spot e la loro durata sembra aver sortito qualche effetto, in effetti.

La prima puntata di Fringe ha fatto totalizzare 9 milioni di utenti (va anche detto che è un serial un po' particolare...)

Il Brand recall degli annunci apparsi nel programma è risultato essere del 32% più alto della media, e molto alto il livello di "coinvolgimento" / interesse verso il programma.

Le reti televisive USA seguono con interesse il progetto e sopratutto i dati che arriveranno man mano sull'effettiva visione ed efficacia di questi spot - anche se in realtà nessuno si aspetta davvero che il mondo della pubblicità TV imbocchi massicciamente questa strada a breve termine...

lunedì, settembre 15, 2008

Assicurarsi della traduzione... ma perchè fare 'sta fatica?

Oh, siii... necessito di auto- pezzos, sicuro... clicko subito...
Un metrò targato Ikea...

Ambient marketing? Tryvertising?
Comunque sia, bella l'idea di Ikea, che ha arredato un treno della monorotaia di Kobe...

more info... qui
E se facessimo scrivere un'enciclopedia su di noi?

Wiki o meglio, la possibilità di lasciar scrivere un Wiki sul nostro business...ovvero della possibilità di lasciare che le persone collaborino al nostro modo di fare impresa, scrivendo grandi o piccole enciclopedie su chi siamo, cosa facciamo, come si usano i nostri prodotti...

Se vi interessa il tema, provate a dare un'occhiata al pezzo che ho scritto per Eurogroup... lo trovate qui.

sabato, settembre 13, 2008

Oddio....! Abbattete il traduttore

Dal sito Hertz


Perchè per chiudere questa pop-up devo cliccare sulla casella "vicino"?


....

urgh

Ryan Air: Da 0 a 100 Euro in pochi click...quando volare non costa poco



Non ne ho mai fatto mistero: detesto Ryanair. Ci sono pero' delle volte, come oggi, che devo tapparmi il naso perchè è l'unica soluzione possibile (spenderei volentieri anche un 30% in piu' delle loro tariffe pur di volare con qualche altra compagnia meno antipatica - tipo EasyJet o Vueling, per restare sempre nelle Low-Cost).

Mi fa morire il meccanismo di incremento progressivo tra il prezzo advertised e il prezzo effettivo che alla fina salta fuori, con il solito sistema "desidera il sedile o viaggia seduto per terra?" --> 10 Euro in piu', "vuole poter usare la toilette in volo"--> 20 Euro... scherzi a parte, ecco come in pochi click passare da un prezzo ad un altro che non ha nulla a che spartire col primo...

Volo:  14,99
Aggiungi le tasse e le spese: 42,47

ok, ma da qui in poi viene il bello...

Quante valigie da presentare al check-in?... beh... una.... ok, allora siamo a 72,47 (belin, 30 euro... )

Vuole essere tra i primi passeggeri a salire in aereo? Certo!, 'azz, con la corsa al posto tipica dei voli Ryan, dove ti segano le gambe per salire prima di te e prendersi i posti vicino al finestrino, tipo stampede - carro bestiame... ok, 10 euro pagati volentieri .... 82,47 €

Assicurazione: altri 14,50 - no grazie, fatti i conti non ne vale la pena.

Bene, adesso si mettono i dati e uno penserebbe che sia finito il salasso, no? no. (pop-up: ma sei proprio sicuro sicuro che non vuoi fare l'assicurazione...?)

OK, here we are... come paga?

Come vuoi che paghi ? in contanti? Un vaglia postale? ma chiaro che pago con la carta di credito (se ci fosse userei paypal, magari...)

Bene, a meno che uno usi la Visa Electron, qualsiasi altra carta (a parte la Amex, non accettata, ne' la Diners...) ti ciucciano un altro bel 10 €.

A questo punto hai paura a cliccare, come tocchi, sono 10 euro, chissà se me ne addebitano 20 per mandarmi l'obbligatoria conferma per email a casa...

Scherzi a parte, uno parte da 14,99 e finisce a 92,47.. e quel che è peggio è che cio' avviene per numerosi step successivi, zot zot zot.

Loro si saranno fatti i loro bei conti di redemption ed evidentemente la cosa funzionerà; a me conferma la sensazione che quelli di Ryan siano interessati zero a me come persona e interessati 100 al mio portafoglio, che se faccio che lasciarglielo è anche meglio, posso anche stare a terra, per quel che gli frega...;-)

Bah, in un mondo dove ce la meniamo tanto sulla relazione, io da loro sento proprio tanto l'effetto carro bestiame...

(E col cavolo che l'auto la noleggio da loro e che da loro cerco l'hotel - chissà quanto mi pelano... "se desidera un auto con le ruote, aggiunga 10 Euro"...)



venerdì, settembre 12, 2008

Marketing negativo: se non ti vendo tu vuoi comprare…;-)

Vendere ai ricchi è un bel problema.
In fondo non si sa bene su cosa lavorare: le classiche leve del marketing mix servono a poco.

Disponibilità di reddito e parametri di scelta alieni da quelli dei comuni mortali: difficile capire come agire. La noia derivante dal potersi permettere qualsiasi capriccio è un fattore forte. Quando il denaro non conta, occorre trovare un altro gioco per divertirsi, altre regole per distinguersi.

Per colpire questo target c’è chi ha scelto la strada del marketing di negazione, portare fino al fondo la classica strategia della scarsità.

Ma attenzione: le “tirature limitate” oggi sono alla portata del popolino, il “negozio esclusivo” è nel linguaggio pubblicitario sinonimo di un vorrei ma non posso decisamente low class.

No, qui si tratta di rendere proprio impossibile avere i prodotti. Di dover chiedere favori per ottenere l’accesso, di ottenere quindi un badge che confermi la superiorità sociale e distingua anche nel proprio peer group.

Non esiste strategia migliore che dire di no ad una star: nei suoi anni ruggenti lo Studio 54, tempio della disco music, era famoso per la durezza della selezione all’entrata - al punto da rimbalzare una notte persino Cher (che, racconta la leggenda, tornò a casa in lacrime per la frustrazione).

Di qui la generazione di buzz verso il locale e di una fortissima motivazione verso l’acquisto del prodotto/servizio (dove più che ballare contava farsi vedere).

Nascono allora prodotti e negozi tenuti addirittura segreti, la cui esistenza è sussurrata all’orecchio da una celebrità ad una star. Corre ad esempio voce che esista uno di tali negozi in Avenue Montaigne a Parigi, dove se lo trovate e riuscite ad entrare vi vendono jeans da 10.000 dollari.

E sempre in tema di jeans, non pensiate di potervi facilmente impadronire di un paio di quegli elitari jeans giapponesi color Okayama Indigo venduti nel singolare negozio Garage di Tokio.
Nel negozio lavorano e vivono marito e moglie che aprono al pubblico solo qualche giorno al mese.
Se la porta si apre, non bastano i soldi: essi vi devono approvare, decidere se il capo vi va davvero a pennello.
Se a loro non piace la figura che fate, scordatevi i jeans… e dovrete convivere con il rimpianto di essere stati scartati alla prova.

Solo se siete davvero qualcuno potrete poi accedere al passaggio segreto dentro il negozio L’Eclaireur di Parigi. Per prima cosa dovete sapere che esiste e poi ottenere l’autorizzazione per entrare in uno spazio dedicato ad oggetti in tiratura limitatissima se non pezzi unici. Dove può entrare un solo cliente alla volta.

Tutto sommato, beati loro (i venditori), riusciti a ribaltare le regole del capitalismo e far tornare Re il venditore, non il cliente. Per tutti noialtri non resta che rassegnarci a comprare a rate - ma con la soddisfazione che dal negozio non ci buttano fuori, anzi fanno tutto il possibile per trascinarci dentro…

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mercoledì, settembre 10, 2008

Benvenuto, Amministratore Delegato... (esegesi di un esempio di microcomunicazione fatta bene)

Un saluto e un augurio di buon lavoro a Pietro Scott Jovane, nuovo Amm. Del. di Microsoft Italia.

Sono reduce da un evento social organizzato da MS e riservato all'eletta casta dei blogger, in cui ci è stato presentato Egli (ragazzo simpatico, btw).

Captatio Benevolentiae? Sicuro, ma se non altro è stata piacevole e come dire, molto rispettosa ;-)

A me hanno regalato... una bella rimpatriata con amici e colleghi che non vedevo da tempo, un piacevole ritrovare un po' di persone di MS... btw Microsoft (Italia) è stato (nonostante tutto quello che si puo' pensare, a torto e a ragione) il cliente con cui ho lavorato meglio e che forse ho amato di più.

(Poi se pensate che sto facendo del marketting...'azzi vostri, io le cose le racconto come le ho viste... ricordo che quando andavo da loro ci andavo sempre col mio portatile Apple sotto il braccio e, a parte qualche lazzo e frizzo, non gliene poteva fregare di meno...).

Insomma, si è mangiato qualcosa, si è bevuto (bene); la parte ufficiale (detta in gergo degli eventi "rottura di maroni") è durata un bel 10 - 12 minuti, in cui Lui ci ha raccontato due cose su di se', sulla vision sua e dell'azienda.

Ed è stato pure bravo, sembrava uno di noi...;-), anche se un po' trafelato, sembrava avere paura di rubarci troppo tempo ai fattacci nostri privati, paura di annoiarci, paura di esagerare, parlava velocissimo, 'esatto opposto di come deve comunicare un "buon Manager".

Complimenti anche a chi gli ha organizzato la campagna promozionale... qualche giorno fa, infatti, Esso mi ha pure invitato su LinkedIn... e non è male che sia un AD che viene a cercare proprio te... un po' gratifica (mo' lo vado a cercare su FaceBook...)

E ci ha promesso, a noi blogger, che lui (Lui) sarà il 51° Microsoftiano a raccontarci come vanno le cose in azienda dalle colonne del loro blog corporate, Mclips.

Fine della cronaca di un microevento di relazioni con influencer della comunicazione (noi) che nella sua semplicità è stato tutto tranne che un evento di "PR" e che secondo me è un buon esempio da seguire - in un mondo che si è saturato (per non dire di peggio) di lustrini, discorsi istituzionali, slides magnificanti e insignificanti, press release lette da top manager imbellettati che fanno finta di crederci, gente che ti porta Waterloo come esempio...

E credo che la strategia di MS /PSJ stia funzionando, fa un po' effetto leggere blogger parlare bene di un AD di Microsoft...;-)


Gravidanza all'ingrosso...

Ah, la potenza di Internet, che permette di ribaltare modelli e paradigmi per sostituirli con di più belli e più nuovi.

Ad esempio, pensate ancora a comprare i test di gravidanza uno alla volta, in farmacia?

Erore, very Tired.

Si comprano on line, a pacchi da dieci - cosi' se siete di quelli che amano il rischio e l'avventura per un annetto siete riforniti...

(non so voi ma io qualche problemino a comprare dei pregnancy test "Made in China" venduti a circa un Euro la decina me lo farei venire... adesso poi che ci sono dei bellissimi prodotti digitali che finalmente si capisce quel che intendono significare...)

Ma secondo voi, qual'è il pensiero di marketing soggiacente all'idea di offrire un Volume Deal su questo prodotto?

(La mia teoria: dato che non è pensabile venderli uno alla volta a 2 centesimi di dollaro, si fa un bundle per raggiungere uno scontrino minimamente sensato - poi la gente ne compra 10 e ne butta sicuramente via 8...)
A Proposito... e se arrivasse la crisi?

Se arrivasse la Crisi, che cosa accadrebbe a Internet? Qualche considerazione sociologica da bar su come potrebbe evolvere Internet se arrivasse una brutta contrazione economica. E come sarebbe bello se evolvessimo noi umani, di conseguenza...

(il mio ultimo pezzo su Apogeo...)
Sono ancora vivo (o almeno credo)

Ciao a tutti. Lo so, sono stato latitante. 

Non solo immeritate vacanze (in cui ho pensato a tutto tranne che a bloggare - della serie "get a life"), ma al ritorno mi hanno messo in un frullatore lavorativo da cui non so bene quando esco.

Per chi soffre di astinenza (e parlo ai miei fans e alle mie groupies ) ricordo che vi potete beccare dosi settimanali del mio pensiero su Apogeo e quindicinali (circa) su EuroPMI.

Per il blog... vedro' di fare qualcosa.